Camping River, l’ultimo giorno della convenzione con il comune di Roma e, per molti dei rom che vi abitano, ultimo giorno di pace. Un lungo relativamente privilegiato, per gli standard dei campi romani ridotti in condizioni penose oltreché trasformati progressivamente in lager. Camping River, invece, è come gli altri lontano “dagli occhi” ma decente, vivibile con le sue casette di lamiera un po’ arrugginite, i cassonetti per la spazzatura puliti, qualcuno che, a turno, spazza il piazzale e le stradine. Una sorta di coabitazione ben riuscita tra 420 persone di diverse provenienze (romeni, bosniaci, macedoni) che da dodici anni hanno trovato una accettabile sistemazione. Sempre provvisoria, sempre appesa a un filo, tuttavia accettabile.

Ora però è finita. Da oggi, 30 settembre, il comune non può più rinnovare la convenzione con la proprietà del camping e dice ai rom di arrangiarsi, ciascuno con quel poco che ha e il sostegno del comune ma solo per coloro che se lo “meritano”. Cioè che hanno una busta paga, i documenti in regola, l’attestato Isee, nessun precedente penale. Sessanta in tutto.

Ma anche per questi sessanta “eletti” le cose si complicano. Perché trovare casa per una famiglia rom, anche se con l’aiuto del Comune, è impresa ardua e chi ci ha provato è stato respinto. Quanto agli altri, si arrangino. E la filosofia dell’arrangiarsi è ben presente nell’immaginario e nella realtà dei rom.

Così ieri, per fare il punto su quanto sta accadendo e scongiurare il peggio, la nostra associazione, Cittadinanza e Minoranze, ha tenuto un’assemblea nel River Village (così si legge entrando) assieme a un gruppo di rom, ad alcuni rappresentanti della cooperativa che ha avuto fino ad oggi la gestione del campo, a pochissimi rappresentanti delle associazioni (che, pure, erano stati invitati) e a qualche politico “amico”. Sandro Medici, già presidente dell’ex X Municipio e ora rappresentante di Sinistra per Roma ha, infatti, partecipato all’assemblea raccontando la sua esperienza di amministratore e suggerendo, con esempi, le molte possibilità per una amministrazione comunale “virtuosa” di reperire alloggi, procedere ad autorecuperi, assegnare abitazioni pubbliche e perfino private, con le requisizioni. Ha portato la sua esperienza in qualità di presidente del municipio, di “requisitore” denunciato e, alla fine, prosciolto da ogni accusa perché, ha detto, un amministratore può fare molte cose, se vuole, per il bene dei cittadini.

Marco Brazzoduro, presidente dell’Associazione Cittadinanza e Minoranze ha portato non solo solidarietà e aiuto concreto ai 420 “inquilini” divenuti scomodi, ma ha aggiunto che la cosiddetta proroga di sei mesi escogitata dal comune è una mina che potrebbe esplodere da un momento all’aaltro. Infatti, lo scorso 15 settembre il comune ha nuovamente modificato la delibera con la quale ha incluso Campin River nei primi campi da chiudere, assieme a Monachina e Barbuta, aggiungendo un comma che prevede la possibilità di assegnare il voucer di (massimo) 800 euro“anche per l’accesso a strutture ricettive dirette all’ospitalità temporanea, regolarmente autorizzate”, per un tempo massimo di sei mesi, “a decorrere dal 30.09.2017 fino al 31.03.2018”.
In altre parole, ha “suggerito” a chi può permetterselo, di pagare privatamente l’alloggio al Camping River.

Ma c’è un ma. Da domani la cooperativa incaricata dal comune di coordinare la vita del campo dovrebbe cessare, e resta un’incognita sui contratti di luce e acqua. “Senza la cooperativa – hanno detto in assemblea alcuni rom – questo luogo è destinato a diventare in breve come Castel Romano”. Intendendo un campo ormai fuori controllo, senza quasi più servizi e con i topi a farla da padroni. Insomma, un lager.

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