Lo strappo dei decreti sicurezza

Pubblichiamo l-intervento della senatrice Nugnes sui decreti sicurezza perché bene illustrano lo strappo violento che hanno prodotto all’interno della società.

Paola Nugnes*
Il Ministro degli interni Luciana Lamorgese ha annunciato pochi giorni fa di aver provveduto con circolare ai Prefetti all’aumento del compenso giornaliero per la gestione delle strutture i richiedenti asilo. Si parla di un aumento di quattro euro al giorno, che porta la cifra da diciannove a ventitré euro/giorno per persona. Questi soldi sono pochi, meno di quelli per un canile. La cifra pre-decreti Salvini era di circa trentacinque euro/giorno, dieci in più degli attuali, eppure il Ministro vorrebbe far derivare da questo una discontinuità dal passato; ma questo aumento è solo un “aggiusto” strettamente conseguente al fatto che i bandi per la gestione dei centri sono andati deserti, parliamo di un aumento che serve per realizzare le gare. Non c’è alcuna manifesta volontà di creare discontinuità, di dare un segno di cambio di marcia. Mantenere i costi così bassi e gli standard al minimo rappresenta un rischio enorme, ed un’intenzione dichiarata di voler continuare nella direzione della segregazione, e dell’ammassamento senza nessuna integrazione. Se i bandi pongono standards molto bassi non solo non saranno assicurate l’accoglienza, la cura e l’integrazione, ma si porranno le condizioni affinché a quelle gare si presentino società opache e sospette, come sembra sia la Ors, la holding internazionale che si è presentata in Sardegna per la gestione dei centri di detenzione per migranti e per i centri di accoglienza. Una società privata che gestisce la detenzione in Svizzera, molto chiacchierata per le sue attitudini poco ortodosse, che potrebbe persino essere un primo malaugurato passo verso la privatizzazione delle carceri circondariali in stile statunitense.
La revisione dei decreti Salvini è una questione urgente, non solo per cercare di riparare ai danni immani in termini di sicurezza, integrazione, welfare e perdita di posti di lavoro, ma è anche una questione politica importante e non più rinviabile. È necessario determinare la discontinuità col passato, promessa dal presidente del consiglio quando ha incassato la fiducia l’estate scorsa. Per fare questo occorre una visione di lungo termine; affinché non si alimentino sentimenti di rivalsa tra le componenti meno abbienti, occorre la capacità di tenere insieme il paese nelle diversità, creando un sistema di accoglienza e di welfare integrato pubblico e diffuso sul territorio con servizi certi e obbligatori.
È ora di essere politicamente coraggiosi, ma questa maggioranza non è coraggiosa. Ferma nel guado, appare incapace di essere davvero determinante, propositiva e alternativa a questa destra che avanza con arroganza. Restiamo imbrigliati nelle maglie della stessa struttura di pensiero del passato che ha generato i moltissimi inconvenienti nella gestione e le conseguenze gravissime – da più parti denunciate inutilmente – che oggi sono tutte sotto gli occhi di tutti, miserevolmente.
L’accoglienza non è solo una questione etica e morale, ma è soprattutto un’azione politica, collettiva e sociale; determina come sono e come vogliamo che sia la nostra società e le nostre città.
Bisogna “tornare indietro ma andare avanti”, come è stato detto ieri a Roma al terzo “Forum per cambiare l’ordine delle cose”, ma il nuovo governo non ha una visione alternativa da proporre, solo ritocchi e mezze misure. È chiaro che le soluzioni vanno trovate a livello Europeo perché non esiste una soluzione che possa essere di un solo paese; bisogna sbloccare la revisione del regolamento di Dublino in commissione, abbattere l’Europa dei muri e tornare alla solidarietà, anche a costo di perdere i paesi della Visegrad che non rispettano gli art 78 e 80 del Trattato sul funzionamento dell’unione.
Non stiamo parlando di crisi migratoria, questa è una crisi politica e di identità della Comunità Europea, del nostro paese e della sua politica, ma abbiamo la possibilità, gli strumenti e i numeri, per combattere questa crisi, se lo vogliamo.
*Senatrice, architetto pianificatore

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