Storia di un popolo negato

Marcella Delle Donne

Società civile e gruppo etnico: differenze.

Per parlare di “zingari” cioè di rom, è necessario chiarire la fondamentale differenza tra “società civile” e gruppo etnico.

La nascita del mondo moderno in occidente pone in essere la “società civile”, determinata dall’avvento dell’economia mercantile, basata sul valore di scambio, il denaro, la proprietà privata, sulla rinascita dello spazio urbano, come spazio-tempo della società mercantile.

La “società civile” è posta in essere dall’emergere di una figura nuova: il borghese-mercante, artefice del passaggio dalla società medievale, basata sul valore d’uso, su ciò che vale, dura nel tempo, sullo spazio tempo naturale scandito dai cicli delle stagioni, al mondo moderno.

Nella “società civile”, l’individuo in grado di autoregolarsi, in quanto dotato di ragione, è produttore di storia. Una storia posta, prodotta dal soggetto, nel processo della sua autodeterminazione, sia come singolo, come realtà in sé, sia come cives, come soggetto di diritto, come cittadino.

Tale soggetto ribalta l’ordine gerarchico tra le massime istituzioni del sistema: Dio, Stato, suddito, o più semplicemente ribalta il rapporto individuo-società, cittadino-Stato (Delle Donne M., La società civile e l’origine della ragione sociologica, 1993).

Il gruppo etnico si pone in modo specularmente opposto all’organizzazione della “società civile” e richiede una conoscenza approfondita da parte di chi, come noi occidentali, sia immerso e fagocitato entro la “società In questa accezione, è l’individuo, come membro del gruppo, che pone la società; è il cittadino, civile”.

Nello spazio-tempo etnico, non c’è soluzione di continuità tra individuo e gruppo, cioè tra individuo e società. Ogni membro di un contesto etnico acquisisce una identità mediata dal gruppo di appartenenza. Nel mondo etnico non si ha una percezione di sé come singolo, se non come membro della comunità che a lui conferisce identità attraverso la trasmissione di coordinate di senso e scopo dell’esserci, del vivere nel gruppo di appartenenza. La specificità etnica del gruppo si pone, quindi, prima dell’individuo e lo sussume nell’identità della comunità. Ciò determina una autoreferenzialità di gruppo che imprime negli individui la forza di coesione e la resistenza di fronte agli interventi di assimilazione di sistemi sociali esterni, come è il caso della “società civile” nei confronti dei rom. (Delle Donne M., Convivenza civile e Xenofobia 2000).

Chi sono i rom.

I rom, provenienti dall’India, giungono in Europa in gruppi di famiglie organizzate in clan parentali. Gli studiosi sull’origine e sulla storia dei rom rintracciano cinque gruppi principali tra le popolazioni Romanè, distinti per attività, regione indiana di provenienza, regione europea di inserimento: Rom, Sinti, Kalè, Manouches, Romanichals, i quali, con i loro numerosi sottogruppi, formano la popolazione Romanè (Spinelli S., Baro romano drom, 2003).

Durante il primo World Romanì Congress del 1971, i rappresentanti rom di 14 Stati sono riuniti a Londra e hanno stabilito che il termine “rom” sarebbe stata la parola giusta per rappresentarli tutti.

I rom, al loro arrivo, si caratterizzano nelle attività artistiche come musicisti, danzatori, giocolieri, giostrai, dediti alle attività circensi, per questo in continuo movimento. Sono, anche, esperti artigiani, nella lavorazione del ferro, del rame, come conciatori, canestrai, abili nell’addestrare e nel commerciare i cavalli.

Siamo intorno al 1300, quando in Europa esistono vasti territori disabitati, università agrarie, dove è consentito il libero pascolo e la raccolta di quanto la natura produce. Ciò consente ai rom migranti la possibilità di sostare e di approvvigionarsi.

É il periodo conclusivo in cui le popolazioni europee migrano in cerca di territori dove stabilizzarsi.

Nei sistemi feudali e aristocratici i Rom sono ben accolti, in particolare ad alto livello. Le aristocrazie se li contendono per le feste al suono del cimbalon, pagando cifre esorbitanti ai rom che rallegrano le loro feste. Čajkovskij nell’opera La pulcelle d’Orleans mette in bocca a Giovanna d’Arco un duro rimprovero ai sovrani di Francia, esortandoli a finanziare gli eserciti, invece di sperperare ingenti somme di denaro pagando i gitani per le feste.

Sulle capacità artistico musicali dei rom, ci sono studi accreditati che attribuiscono ai Rom l’invenzione del violino. Sulla nascita e la costruzione del volino ad opera dei Rom, esiste una favola bellissima nella cultura rom, condivisa dai diversi gruppi di appartenenza.

L’importanza della musica rom e l’influenza di essa sullo sviluppo della musica classica europea è testimoniata da Liszt in un suo saggio e riscontrabile nelle rapsodie di Brahms e dello stesso Liszt. Influenze della musica rom si avvertono anche in Dvorak e Čajkovskij.

I rom, al loro apparire in Europa, sono bene accetti anche a livello popolare, perché offrono prestazioni come artigiani e sono una presenza importante nelle fiere per l’addestramento e il commercio dei cavalli.

Le cose cambiano con l’avvento della società e dell’economia mercantile, dove ciò che conta è il profitto, il lavoro, il valore di scambio, il merito per chi vive il lavoro come obbligo e dovere morale (Weber M., Etica protestante e spirito del capitalismo, 1905).

L’importanza della proprietà privata, legittimata dal proprio lavoro, conduce alla diffusione delle cosiddette Chiudende, dove i campi liberi vengono recintati e impedito l’accesso.

I Rom come artisti, artigiani, liberi e girovaghi, non si assoggettano al lavoro nelle manifatture, né al lavoro coatto. Nella cultura Romanì non è previsto il lavoro come principio morale, soprattutto il lavoro dipendente, né l’obbligo della stabilità e della stanzialità residenziale.

L’immagine che, nel mondo moderno dell’economia mercantile, i Rom offrono alle popolazioni, ormai stanziali nelle realtà statuali, cambia radicalmente. I Rom da pellegrini diventano vagabondi. Il rom diventa lo zingaro, membro della vituperata categoria dei nomadi, che vivono senza lavoro, senza fissa dimora, e la cui filosofia di vita è il furto.

Un popolo senza radici, senza identità, senza il valore del lavoro e quindi senza merito. Lo zingaro è uno sradicato che si muove come una mina vagante, sfuggendo ai controlli. É un parassita che vive depredando gli altri, minaccia delle istituzioni che non rispetta, prima fra tutte la proprietà privata. É una figura non identificabile e tantomeno assimilabile (Delle Donne M., Relazioni etniche, 2000).

Le politiche statali dal rifiuto alla schiavitù.

Cominciano, all’inizio del XVI secolo, i primi bandi di espulsione: “Chi colpisce gli zingari non commette reato […] niente di buono può venire da questa gente maledetta”, così recita la Dieta di Asburgo nel 1500. L’Assemblea di Lucerna proibisce agli zingari di sostare sul territorio svizzero già nel 1471. La Spagna bandisce gli Ebrei, i Mori e gli Zingari nel 1499.

I gitani, o devono abbandonare la vita errante, o sono costretti a lasciare il paese. Nel 1500 l’imperatore Massimiliano emana la prima ordinanza contro la presenza zingara nel Sacro Romano Impero. In Francia vengono emanati una serie di provvedimenti per scacciare i Rom. Per coloro che vagabondano nel regno senza salvacondotto è prevista la morte. Nel Ducato di Milano, già nel 1506, viene pubblicato un editto in cui si dichiara: “Facciamo pubblico comandamento che zingari ed accattoni non possano venire né sostare nel dominio”.

Col tempo si passa da misure volte all’esclusione a una politica di reclusione. Gli zingari possono essere utili, quindi, è diseconomico metterli al bando, perché ciò significa privarsi di braccia abili al lavoro.

La negazione degli zingari si trasforma, così, in repressione autoritaria e spesso violenta. Gli zingari vengono imprigionati e costretti ai lavori forzati. In Romania vengono ridotti in schiavitù, durata oltre un secolo. (Delle Donne M., Cuore di zingara, 2014).

Strategie ideologiche e pseudo scientifiche dello stigma.

Il rifiuto delle popolazioni autoctone, nei confronti dei Rom, si estende a tutti i paesi europei, dove sono allontanati, emarginati, criminalizzati. La situazione si aggrava con la formazione degli Stati Nazionali, basati sul concetto di patria, su un’identità originaria di metafisica appartenenza.

 

I Rom, come gli Ebrei, non possono essere riconosciuti attraverso le origini e i miti ancestrali degli Stati europei. I miti delle Valchirie, dei Nibelunghi, di Odino, degli eroi della Rivoluzione Francese, degli eroi germanici, non possono essere da loro condivisi, perciò sono gruppi alieni, per questo esclusi dal concetto di patria e dall’appartenenza di suolo e di sangue.

L’intento di raggiungere la supremazia in campo economico, politico, territoriale, nella compagine europea, pone le nazioni europee in una competizione feroce. Si distingue soprattutto la Germania, tesa a raggiungere l’obiettivo Deutsche deutsche über alles.

Diventa, per questo, fondamentale inculcare nel popolo tedesco l’idea sacra di Patria comune, con cui identificarsi e per cui combattere.

Le guerre sono lo strumento per raggiungere la supremazia in tutti i campi.

A partire dalla metà dell’Ottocento si sviluppano le teorie cosiddette “scientifiche” del positivismo. Si inizia a costruire l’identità nazionale, in cui interviene il concetto di razza, rafforzato dal mito eroico delle origini.

 

Lombroso – Tratti somatici di una razza criminale

Sono le scienza sociali e l’antropologia fisica a determinare i parametri delle razze, in un ordine e in una gerarchia superiore-inferiore-degenerato. I cosiddetti scienziati positivisti, tra cui Cesare Lombroso, professore di Antropologia criminale, determinano anche i tratti somatici delle razze, su una presunta scientificità biologica.

“Gli zingari”, afferma Lombroso “sono una intera razza di delinquenti …Essi infatti assassinano facilmente a scopo di lucro, si sospettarono anni orsono di cannibalismo”.

Questo giudizio viene fatto proprio da Ottolenghi che nel 1932 scrive nel Trattato di Polizia Scientifica ” … sono tuttuno colla delinquenza quei vagabondi tipici etnici detti zingari… Troppo noti per trattenercisi, rappresentano una delinquenza professionale a base di tradizioni familiari, sono beduini dell’Europa centrale e Meridionale, che vivono facendo i saltimbanchi, predicando la ventura, ma realmente scroccando la buona fede con mille arti, compiendo reati anche gravi, rapinando bambini, incoraggiando reati di sangue…”

Dalla razza allo sterminio.

In Europa contro i diversi, viene diffusa una propaganda ad hoc con la costruzione di stereotipi nei quali il diverso è un popolo maligno, come gli ebrei, o l’inferiore, come lo zingaro.

Lo zingaro appartiene a una razza contaminante, la peste che inquina da eliminare, da annientare.

Per quanto riguarda gli ebrei, vengono costruiti stereotipi in cui l’Altro è il male, appartenente ad una razza forte: la razza ebraica, in grado di distruggere la razza ariana, il bene, gli autentici germanici, per questo, razza da eliminare; leggi Olocausto.

Guarda e non dimenticare.

Per quanto riguarda i Rom, lo sterminio (Porrajmos nella lingua dei Rom) inizia braccandoli e uccidendoli sul posto del loro transito, oppure trasferendoli in massa negli Zigeuner Lager di Auschwitz Birkenau, dove in una sola notte, il 2 agosto 1944 furono uccisi nei forni duemila novecento novantasette rom, come testimonia l’ebreo Terracina internato ad Auschwitz, separato dagli Zigeuner Lager da un filo spinato.

Il resto è storia, storia di uno, di più etnocidi.

Dopo la Seconda guerra mondiale c’è stato il riconoscimento dello sterminio (olocausto) del popolo ebraico e la loro riabilitazione; i Rom hanno dovuto aspettare circa settanta anni perché a Berlino, nel 2012, si erigesse una stele in memoria dello sterminio dei Rom.

  • Questo articolo è comparso sulla rivista online www.scenaillustrata.com

 

 

 

 

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