In nome dei rom

Anna Pizzo
Il papa chiede scusa ai rom in Romania per come sono stati trattati anche dai cattolici. Il presidente della Camera, Roberto Fico, dice che il 2 giugno è la festa di tutti, anche dei migranti e anche dei rom. Cosa hanno in comune queste due affermazioni, oltre alla coincidenza temporale? Noi tenderemmo a pensare che ogni resipiscenza, ancorché tardiva, abbia valore. Perciò, a quel che fino ad oggi non si è fatto si può sempre rimediare cominciando a fare qualcosa per chi ogni giorno, oggi come in passato, viene perseguitato con fatti e parole, scacciato, emarginato, perseguitato. E’ così ovunque, in Romania come in Italia, dalla chiesa e dalla politica, dall’egoismo e dal rigurgito razzista di molti. Insomma, alle dichiarazioni devono seguire i fatti, e anche urgentemente, pena quel che Alex Zanotelli chiama il nuovo pogrom (vedi articolo che pubblichiamo). Sì, perché passo dopo passo, da Torre Maura a Giugliano, da Camping River a Casal Bruciato, si sta compiendo un silenzioso genocidio rotto solo dai berci del ministro dell’interno che, alle parole del presidente Fico, ha così risposto: “Aver sentito il presidente della Camera dedicare la festa della Repubblica ai rom mi ha fatto girare le scatole. Ma credo che abbia fatto girare le scatole a quelli che hanno sfilato. Il 2 giugno è la festa degli italiani. Di legalità nei campi rom ce n’è poca”. Assai rumorosi anche i silenzi del massimo rappresentante dei 5Stelle, Di Maio, che non ha saputo far altro che lavarsene le mani e dire che le parole di Roberto Fico rappresentano solo il suo pensiero.
Ma quali sono state la scandalose parole pronunciate dalla terza carica dello stato tali da far tuonare il variegato mondo politico fascista e far saltare i nervi al miserabile e connivente coté politico? “La grandezza della Repubblica è nell’appartenere a tutti e la sua festa va dedicata a tutti gli italiani, e anche a tutti i migranti che si trovano nel nostro Paese, a tutte le comunità, incluse quelle più piccole e più deboli, così come a tutte le vittime dell’Olocausto, agli ebrei, ai rom e ai sinti. La nostra Repubblica non fa differenze di sesso, razza o opinioni politiche. La sua bandiera sventola per tutti. La Repubblica garantisce i diritti e distribuisce i doveri. E si rafforza e si rinnova ogni giorno con il coraggio, non con la paura”.
Scandaloso il richiamo alla Costituzione, immorale l’uso dei rom come clava per picconare il nemico Salvini e l’ex amico Di Maio? E’ solo un gioco delle parti tanto poi domani, come i ladri di Pisa, torneranno assieme e lasciateci lavorare?
Già che ci siamo, vediamo anche quali sono state le parole pronunciate dal papa in Romania, paese notoriamente con una forte (quanto perseguitata) presenza rom. “La storia – ha detto papa Francesco – ci dice che anche i cristiani, anche i cattolici, non sono estranei a tanto male. Vorrei chiedere perdono per questo. Chiedo perdono – ha detto -, in nome della Chiesa al Signore e a voi, per quando, nel corso della storia, vi abbiamo discriminato, maltrattato o guardato in maniera sbagliata, con lo sguardo di Caino invece che con quello di Abele”.
Purtroppo non c’è “corso della storia” che tenga, la condizione dei rom, lo stigma che li perseguita, i pregiudizi sono i medesimi, a qualsiasi latitudine e in qualsiasi epoca. E va bene chiedere scusa, ma poi, ci sembra di ricordare che occorra fare il proponimento di non più ricaderci. Chiedere l’assoluzione non vuol dire impegnarsi a non ripetere lo stesso errore? Allora, è tempo di passare ai fatti e imporre e imporsi comportamenti radicali, perfino estremi, perché la condizione odierna obbliga a compiere gesti come quello dell’elemosiniere del Papa, il vescovo Krajewski, che ha fatto una cosa semplice, ha riallacciato la luce che l’Acea aveva staccato agli occupanti di uno stabile di Roma, in via Santa Croce in Gerusalemme. Ha detto “il re è nudo” e nel dirlo ha indicato una possibile strada. Ce ne potrebbero essere altre cento, altre mille, tante quante sono le persone che chiedono solo di poter avere una vita giusta e quelle che sono disposte a non essere soffocate da pregiudizi e paure. Basta provare a incamminarsi sulla strada della disobbedienza civile, quella che fa rialzare la testa e propone di non subire più i clamori della peggiore politica ma di imporre dignità e rispetto reciproco.

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